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giovedì 13 febbraio 2014

Preferibilmente entro: Date di scadenza per Donne Indipendenti

 
 
Data di scadenza



Sono incinta alla dodicesima settimana e volevo tanto che lo sapessi da me. Non sai che gioia infinita sia per me. Ti abbraccio forte. Cate.

Monica fa scorrere il dito sul touchscreen del suo telefono più o meno quindici volte, leggendo e rileggendo quel messaggio e cercando di metabolizzare la notizia che la sua ex compagna di corso le ha appena comunicato.

Sono incinta

Gli occhi assorbono mille e mille volte quelle due parole.

Alla dodicesima settimana

Dodicesima settimana vuol dire che è uscita dal primo trimestre. Vuol dire che tra sei mesi quel fagiolino sarà su questa Terra sotto sembianze umane. O di marmocchio, quantomeno.

Il suo viso attonito rimane pietrificato in una maschera di confusione: è una splendida notizia quella che la sua vecchia amica le ha appena dato, eppure i suoi neuroni annaspano nel tentativo di comprendere il vero significato di quelle parole.
Lo sguardo resta incollato sullo schermo del cellulare ancora qualche secondo, poi la voce della sua coinquilina la fa trasalire:

"... per cui ormai non mi restano alternative: o cedo al corteggiamento di Comodino, oppure sono destinata alla castità eterna."

Ma la voce di Tessa è inspiegabilmente lontana e, nell'istante in cui si rende conto di che cosa sta parlando la sua amica, dalla sua bocca esce rapido e lapidario un "Fattelo. Fattelo, Tessa!"

La sua amica dagli occhi nocciola e il sorriso dolce si siede sulla poltrona rossa di fronte a lei e non fa nulla per mascherare lo stupore alle parole che Monica ha appena pronunciato.
"Ah, così? Nessuna saggia riflessione da psicologa, nessun consiglio ponderato? Vorresti che la svendessi a colui che ci prova con tutto quello che respira?"
 Monica allontana finalmente lo sguardo dall'oggetto elettronico ancora nelle sue mani e si abbandona supina sul divano di pelle bianca del loro salotto.

"Io dico un sacco di stronzate, tesoro. Non ascoltare i miei consigli oculati o finirai come me."
"Sarebbe?"
"Vecchia, frigida e senza speranza."

Tessa si raccoglie i capelli ondulati in una piccola coda e ride divertita dall'atteggiamento drammatico dell'amica:
"Tu sei una deviata. Come puoi essere una deviata e frigida?"
"Non lo so. Penso sia qualcosa annidanto nei miei capelli. Non c'è modo che io attragga individui scopabili."
"Vuoi Comodino? Comodino è poco allettante come impegno a lungo termine, ma è scopabile."

Monica si solleva dalla seduta del divano e si volta a pancia in giù, posando lo sguardo sul viso di Tessa e scuotendo la testa silenziosa. Poi si mordicchia l'unghia dell'indice, riflettendo nuovamente sulla notizia appena ricevuta, prima di contemplare se sia il caso di accettare l'offerta di Tessa ed, eventualmente, proporre un  ménage à trois per accelerare i tempi.
No, Comodino se lo potrebbe fare, ma fare le cose zozze in presenza di Tessa sarebbe troppo anche per la sua mente sconcia. E poi Tessa è una creatura delicata e composta. Almeno per buona parte del tempo.

"Caterina è incinta." annuncia poi senza nessun preavviso e Tessa sorride, deliziata.
"Che bello! Non sapevo fosse fidanzata."
"Convive con un quarantenne da circa un annetto, se non ricordo male."
 
Tessa annuisce e poi raccoglie l'ultimo libro della Trilogia di Bartimeus e se lo poggia in grembo, aprendolo alla pagina marcata dal segnalibro e lasciando scorrere gli occhi sulle prime righe di pagina 43. Poi aggrotta la fronte, riflessiva, e torna a fissare Monica.
"Perché la cosa ti sconvolge tanto?"

Monica rimugina per qualche secondo, facendo girare una ciocca dei suoi capelli mogano tra le dita e poi risponde:
"Te la ricordi la puntata di Friends in cui Rachel compie trent'anni?"
Tessa inarca le sopracciglia, sembra andare alla ricerca di qualche appiglio nella sua memoria e poi libera una risatina per nulla convincente.
"Non te la ricordi, vero?"
"Non ne sono sicura, ma è così rilevante?" e la sua voce svela un accenno di ilarità dovuta alla postura indignata assunta dalla sua coinquilina.
"È di vitale importanza per comprendere il mio corrente stato emotivo."
"Che palle!" sussurra Tessa, sperando di non essere sentita, ma lo sguardo severo che le indirizza Monica le fa intendere di non essere stata poi così silenziosa.
"Ora te lo faccio vedere. Così impari!"

La ragazza mora fa roteare gli occhi al cielo ma non ribatte, conoscendo fin troppo bene le ripercussioni che le vendette dell'amica portano con sè.

Dieci minuti più tardi Monica è in grado di spiegare la propria argomentazione quando Rachel Green espone ai suoi fedeli amici il piano perfetto per il futuro di una trentenne non single.

"Allora, se voglio il primo figlio a 35 anni, non devo rimanere incinta prima dei 34, il che dà a Prada 4 anni per lanciare una collezione pré-maman! Oh, però voglio essere sposata da almeno un anno prima di restare incinta. Quindi non devo sposarmi prima dei 33! E quindi mi mancano ben 3 anni. Oh, un secondo, mi serve almeno un anno e mezzo per organizzare il matrimonio, e devo conoscere il mio futuro marito da almeno un anno prima di decidere di sposarci...il che significa che devo conoscere l’uomo della mia vita a trent’anni! 
Ross: Il che va benissimo! Perché hai appena compiuto (toglie due candeline dalla torta) ventotto anni!
Rachel: No! Ross, no! Non va bene! Secondo il mio piano, dovrei già stare assieme all’uomo che sposerò!"

Monica spegne di colpo il televisore e si volta speranzosa verso Tessa, domandando con aria impaziente:
"Capisci, ora?"
La coinquilina mora deglutisce, un po' preoccupata e si mordicchia il labbro inferiore, augurandosi di non dare la risposta sbagliata:
"Tu ne hai ventotto, quindi sei a cavallo?"
"Tessa, ora ti meno..."
"Senti, non puoi semplicemente farti Comodino?"
"Ma non capisci? Sono spacciata. Caterina è gravida, una tizia che faceva le elementari con me è al suo secondogenito..."
"E tu che ne sai?"
"Facebook, ma è irrilevante. Come dicevo, una di cui non ricordo il nome ma che ha fatto la cresima con me ne ha già sfornati tipo tre..."
"Monica, questa mania di stalkerare gente che non vedi da anni ma di cui conosci le attività uterine, mi preoccupa."
La voce di Tessa è piatta e un po' confusa e, nel tentativo di fare recuperare il senno all'amica, le spiega:

"Perché fai tutte queste storie? Un sacco di mie compagne di corso si sono accasate negli ultimi sei mesi e hanno tipo 23 o 24 anni. Anche io mi sento una zitella senza futuro!"
"Oddio, ancora peggio! Sono fregata! Cazzo, sono Bridget Jones al quadrato!"

Monica si lascia cadere sul tappeto ai piedi del divano e si copre il viso con entrambe le braccia prima di cominciare ad emettere il suo caratteristico mmmh-mmmh-mmmh gutturale, marchio di fabbrica e suo modo preferito per lamentarsi.

"Monica, smetti di far quel ruomore." ordina Tessa accucciandosi accanto a lei e meditando sulle verità appena enunciate dalla sua amica psicologa. Alla faccia della psicologa! In venti minuti ha creato ad entrambe probabili complessi e ha sollevato grandi ansie per il futuro.

"Tessa, dove cazzo si è cacciato il mio Mark Darcy?"
"Ehi, che è 'sta storia? Tu ti becchi Darcy e io resto bloccata con Comodino? Chi sono io, la figlia della schifosa?"
"Ma che vuoi? Io ho la precedenza per anzianità!"

È un classico di Monica quello di ricorrere alla scusa del io sono più vecchia quindi ho diritto a farlo prima, ma oggi Tessa si ribella, cucciuta:
"Ah, non provarci neppure! Usi sempre quella carta e, questa volta, io mi appello alla più recente e evidente sfiga che mi colpisce."
"Di che parli?" domanda Monica sollevando la testa da terra per guardare l'amica in faccia.
"Pronto? Io sono fresca fresca di rottura, sono stata mollata via etere, ci ho provato con uno che è praticamente sposato e, come se non bastasse, sono volata dritta dritta nella dannata friendzone!"

Le disavventure amorose di Tessa sono state l'argomento principale di accese chiacchierate alla luce di candele al tamarindo e alla presenza della voce della grande Etta James come sottofondo; il tutto accompagnato da un debordante bicchiere di rosso nelle mani di Monica, una (triste, secondo Monica)  Shweppes in quelle di Tessa - assolutamente e inspiegabilmente astemia - e di barrette di cioccolato Belga.

"D'altronde, però, tu hai Comodino..." e sul viso di Monica spunta un ridicolo sorriso.
"Stai zitta, stronza!"
"Desolata, mia piccola Tessa. Fino a prova contraria la mia vagina scade prima." prosegue la psicologa sollevandosi da terra e pulendosi i palmi delle mani sui fianchi.
"Ah c'è una data di scadenza? Dove la posso leggere ?"

Il viso di Tessa è rilassato e attento alle strane affermazioni che Monica si ostina a fare mentre la segue verso la cucina e taglia una fetta di torta al cioccolato:
"Non la leggi. È misteriosa la topina. La possiamo dedurre dal menarca, però."
"Che schifo."
"Già, non è molto romantico. Io non la vorrei una giochinchi in scadenza."
"Scusa, trombano le vecchie, tromberemo pure noi, no?"

Monica affonda i denti nella morbida torta nata dalle manine abili delle sua amica e inizia a far lavorare i neuroni: non è il sesso in sè il problema. È tutto il resto: ventotto anni sono molti di più di quelli che prevedeva di avere prima di trovare la propria dolce metà e, soprattutto di diventare mamma. E invece è ancora qui: single - perché l'uomo medio italiano in cui si è imbattuta negli ultimi due anni è interessante come il sudoku sull'ultima pagina di Leggo - senza progetti di matrimonio o conviveza e senza la prospettiva di diventare mamma  in un futuro vicino.
Tessa la osserva e cerca di capire quale sarebbe la cosa che più la colpirebbe se fosse nello stato emotivo di Monica: non lo sa di preciso, ma sa cosa angoscia lei ora. È la scelta e la mancanza di scelta, allo stesso tempo: single che si diverte o single che non spreca altro tempo e si dedica ad una ricerca ponderata di qualcuno migliore dell'ultimo stronzo che l'ha scaricata? Restare nella friendzone con il suo compagno di corso e diventare sua confidente, col rischio di incrementare la propria cotta e restare fregata, o concentrare le proprie energie altrove... Su Comodino (così soprannominato ironicamente per la sua tendenza atendenza a provarci con ogni cosa, perfino oggetti di arredamento quali tavoli o comodini, appunto), ad esempio?

"Ma io voglio un marmocchio!" si lamenta Monica arricciando la bocca e spingendo in fuori il labbro inferiore.
"Se lo chiami marmocchio tendo a dubitare che tu lo debba avere davvero"
"Scema! Dico davvero. Di questo passo la mia vagina e il suo amico utero scadranno e io non avrò avuto nessun bambino. Sono una vecchia senza speranze. Morirò sola e con l'utero intonso"
"Uno: che schifo! Due: puoi sempre fuggire in Brasile, zompare un brasileiro con i muscoli anche sugli alluci e tornare qui col tuo pargolo in pancia. Oppure..."
"Oppure?"
"Fatti Comodino che risparmi..."

"Tessa, chi la vuole una con gli occhi color verde merda sottobosco e le tette flosce?"
"Hai le tette flosce?!"
"Non ancora! Ma le avrò quando scadrà la mia vagina e dall' Olimpo gli dei mi urleranno Infeconda!"
"Sospetto che, come tuo solito, tu stia esagerando."
"Aveva ragione mia madre. Se non avessi schivato ogni bouquet lanciato dalle spose ai matrimoni, ora sarei io la gestante!"

"Monica, mi appello alla psicologa che dovrebbe abitare il tuo cervello: ti spiace respirare e renderti conto della situazione?"

A questo punto le due amiche si fanno silenziose per un po', immerse in una riflessione che va al di là della semplice considerazione di problemi amorosi.

"Vorrei renderti partecipe del fatto che mi hai appena creato gravi problemi di angoscia per il futuro..."
"... della tua vagina?"
"Anche. Adesso per colpa tua invecchierò precocemente con il terrore di non trovare alternative maschili a Comodino."
"Almeno l'alternativa tu ce l'hai. Io ho fatto la donna impegnata per un decennio e non ho valutato il fattore tempo. Ora tutte le previsioni di mia madre si stanno avverando."

Tessa si arrende alla consapevolezza che la sua amica psicologa ha definitivamente perso il contatto con la realtà e si unisce a lei nell'atto di divorare la torta al cioccolato e pere alle cinque di una domenica pomeriggio come tante.

"Forse mi si è rotto l'orologio biologico! Forse la mia vagina è già scaduta e sono destinata ad essere la zia di tutti, zitella, con una splendida carriera e basta."
"Hai rotto le palle..." borbotta alla fine Tessa, lanciando un tovagliolo sporco sulla faccia lattea di Monica e ridendo del suo stupore.
"Ma cosa ne vuoi sapere tu? Non hai ventotto anni, non puoi capire."
"Quindi? Che vuoi fare?"
"Ci serve un piano..." mormora con aria da complotto Monica, mentre si infila l'ultimo pezzo di dolce in bocca e muove gli occhi circolarmente, riflettendo.

"Perché uno? Scusa, e il mio di piano?"
"Il tuo piano è già stabilito: mettiti quella cosa tutta sexy di Victoria Secret che so tieni nascosta nel secondo cassetto del tuo comò e dalla a Comodino. Lui farà il resto. Avrai il tuo erede in men che non si dica e non dovrai trovarti ad affrontare la tua data di scadenza."

Il viso di Tessa si blocca in una espressione di disappunto e, aggrottando la fronte, scuote la testa.
"Non dire di no, Tessa. È deciso. Comodino è la tua ultima speranza."
"Ho ventiquattro anni, come fa Comodino ad essere già la mia ultima speranza?"
"Lo è. Tu non lo sai perché sei giovane. Io sono più vecchia e saggia: ci sono già passata e gioco d'anticipo."
"Sei solo scema, non saggia."

Monica sceglie volutamente di non rispondere alla provocazione dell'amica e persevera nella sua progettazione di un piano anti data di scadenza.
"D'accordo, ti lascerò credere che permetterò a quel tizio di essere il padre del mio primogenito. Posso sapere, invece, tu che farai?"
"Sto eleborando il piano perfetto. Vincerò sul destino che mi vuole vecchia, sola e alcolizzata. Non voglio mai più sentire una delle amiche di mia madre chiederle E tua figlia? Non è ancora sposata? Come mai?" spiega Monica, imitando la voce acuta di qualche vicina di casa impicciona e gesticolando con frenesia. "Perché mi si è rotto l'orologio biologico, sciocca signora, e pensavo di avere sempre venticinque anni, ecco perché."

"Stai divagando, come al solito. Il piano?" puntualizza Tessa pazientemente, appoggiando il viso sul tavolo della cucina e sperando in un miracolo che faccia rinsavire l'amica.
"Ah già, il piano. Avrò il mio marmocchio anche io."
"E come farai?"
"Seguendo il piano"
"Mi sembra che giriamo in tondo."
"Devo cominciare subito..."
"E come?"
"Con la prima parte del piano."
"Oh, santi numi! E quale sarebbe?!"
"Comincerò con l'andare a depilarmi. Ottimo piano."

E, in tutto il suo delirio da panico dei trent'anni e da pressione per l'accasarsi delle sue amiche, Monica si allontana dalla zona giorno gioisa, dirigendosi verso il bagno a grandi passi; Tessa la osserrva e ride, scuotendo la testa basita.

"Sì, ottimo piano."

'Fanculo alle date di scadenza. Loro le loro vagine le useranno con intelligenza e in modo ponderato. E, tra comodini e brasiliani, troveranno anche loro un uomo che, per timore dell'esaurirsi delle energie dei propri girini, vorrà dedicarsi alla splendida arte dell'amore e del metter su famiglia.

E se così non sarà, le date di scadenza passano, ma non sempre c'è bisogno di rispettarle. In fondo, sulle confezioni c'è sempre scritto "Da consumersi preferibilmente entro..."



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La mia pausa caffè è terminata ma, visto che avevo in progetto di portare anche sul blog le mie storie di EFP, ne approfitto per postare la one shot che sento di più e che avevo già nominato in un post precedente. È dedicata a tutte le donne dai 25 in su, a tutte le amiche che hanno avuto conversazioni simili, che amano il vino e la propria indipendenza e che - a volte - odiano la pressione che le aspettative altrui scatena. È anche la OS che mi ha fatto incontrare un sacco di persone, quindi ha sempre un posto speciale nel mio cuore.

mercoledì 12 febbraio 2014

Cinque anni fanno la differenza

AN: L'ho scritto, l'ho pubblicato, l'ho cancellato... Non volevo far insorgere dubbi in chi aveva un percorso simile al mio o scatenare pippe mentali simili a quelle qui esposte, quindi ho rimosso il post. Poi mi sono confrontata con un'amica e lei mi ha fatto notare che, in realtà, magari qualcuno ci si poteva ritrovare. O poteva condividere qualche pensiero... Quindi, riproviamo.
Magari stasera avrò deciso di nuovo di cancellarlo.


Parlavo poco fa con un'amica del tirocinio post lauream che ci aspetta. Tirocinio - ovviamente - non retribuito. E mi chiedevo: perché imporre un'attività fuori dal percorso universitario (perché è POST LAUREAM) di un sacco di mesi in cui uno deve continuare a pesare sulle spalle altrui? E chi non ce la fa? Chi non ha qualcuno che provvede economicamente per lui, come fa? Perché, mio amato Stato Italiano, mi imponi 1000 ore di tirocinio non pagato per iscrivermi all'albo? Non puoi almeno farmi dare il minimo sindacale, un rimborso benzina... qualcosa? Perché 1000 ore - anche se compresse in 8 ore al giorno - sono tipo sei mesi! Altri sei mesi in cui io sono a carico della mia famiglia... Solo io lo trovo terribile?

Cinque anni fa io ero una persona diversa. Cinque anni fa vivevo passivamente gli eventi e non riuscivo ad accettare di essere l'unica tra i miei conoscenti a non avere un futuro.
Sì, perché nell'estate della maturità io non avevo idea di che strada scegliere e - come molti - ho scelto a caso. Sbagliando, si intende.

Il giorno in cui ho capito che non potevo continuare è stato il più demoralizzante della mia vita: pensavo che l'umiliazione più grande sarebbe stata comunicare agli altri il mio fallimento. Credevo che non avrei più sentito quell'inadeguatezza, quello sguardo di giudizio mortificante di chi ti fissa e pensa che tu sia un disastro.

Pensavo male, chiaro.

Ero così imbarazzata che a molte persone non ho neppure detto che lasciavo l'università. In tanti quando l'hanno scoperto mi hanno rimproverato e molti di più hanno finto di provare ammirazione per la mia scelta, salvo poi abbandonarsi a critiche e annessi quando io non ero più lì.

Qualcuno mi ha detto: "Hai fatto bene. Ora sai cosa vuoi: cinque anni non faranno la differenza."
Ai tempi lo credevo anche io. O ci volevo credere.

Oggi so che non è così.

Se tornassi indietro ammetterei ancora di non essere in grado di concludere quella facoltà? Sì, perché la verità è che non avevo ciò che serviva per laurearmi.

Ma non so se ricomincerei tutto dal principio. Amo quello che studio e so che è la mia strada, ma forse mi sono illusa di non essere "fuori tempo massimo".

A ventinove anni c'è una cosa che ti imbarazza da morire: presentarsi come "studentessa". C'è quello e l'aggravante mortificazione di non potersi mantenere da sola. Non c'è giorno in cui io non mi guardi e un po' non provi rabbia per dover ancora dipendere dai miei genitori: quella è l'unica cosa per cui rimpiango di aver ricominciato. Dalla laurea triennale mi chiedo se non sarebbe stato più pratico andare a fare un lavoro che non richiedeva un titolo di studio.

Essere l'unica al tavolo che ancora non ha una carriera è mortificante, così mortificante che - a volte - ti fa passare la voglia di uscire a cena con gente nuova.
Parliamoci chiaro, nessuno mi ha esplicitamente palesato il pensiero negativo, ma anche io penserei male se una a ventinove anni mi dicesse che è ancora all'università.

Quando ho ricominciato ho giurato che sarei stata nei tempi: avevo già perso troppi anni e non volevo pesare sulla mia famiglia più del dovuto. Ho più volte pensato "Perché ci vogliono così tanti anni?".

Cinque anni, a ventinove anni, in me fanno la differenza.

Non è una formula che vale per tutti: spero che chi ha fatto una scelta simile alla mia non provi lo stesso rammarico. È giusto essere orgogliosi e sicuri delle proprie decisioni. Io sono orgogliosa di non aver perpetuato nel mio fallimento, di aver capito chi volevo essere, di aver smesso di vivere per inerzia. Ma non riesco ad essere orgogliosa quando mi chiedono la mia professione. Aspetto con ansia il giorno in cui potrò essere fiera di presentarmi come "Psicologa" e non "studentessa di psiclogia clinica".

Per ora i miei cinque anni pesano più o meno come il fallimento precedente.

Soprattutto affligge il fatto che più in fretta di così non posso fare: ma questi sono cinque anni che ho rubato ai miei genitori e che loro non avranno più indietro. E io vedo come una sconfitta anche questo.

Ero brava a scuola. Ero una di quelle di cui si pensava "entra all'università e si laurea perfetta in corso". Non ero una secchiona, ma ero brava.

Gli ultimi anni era meno difficile: ero circondata da gente che, benché laureata, ancora studiava per esami di stato e concorsi. Perché l'università italiana un po' è così: finisci, ma alla fine non hai finito proprio nulla e ti ci vuole una vita prima di poter esercitare per quello per cui hai studiato.

Dopo la triennale avevo pensato di fermarmi: avevo un titolo di studio, avevo saldato il debito di una laurea con i miei. C'era un aspetto che però non avevo contemplato e che mi ha reso noto mia madre quando le ho parlato della mia idea di fermarmi. Ricordo che mi ha detto:

"Io non sono d'accordo: se ti fermi ora è comunque un percorso di studi non concluso... Non puoi fare la psicologa a tutto tondo con una laurea triennale e sono altri tre anni buttati via."



Ho passato 4 giorni a pensare a quella frase e a combattere con me stessa: avevo ventotto anni, santo cielo! Non potevo ancora farmi mantenere!

Lei aveva ragione, ma ne avevo anche io: ero una donna e il mio orgoglio finiva sotto ai piedi ogni giorno in cui non avevo un mestiere per cui pagare i contributi.

Ci sono state serate di confronti e momenti in cui l'ipotesi di non continuare veniva palesata come mancanza di rispetto per loro che mi avevano supportato tre anni (facciamo otto e contiamo anche quelli del fallimento) più del necessario.

Ho continuato: lo dovevo a loro e lo dovevo a me. Non ero una psicologa completa e la mia formazione era di base.

Ho proseguito con la Magistrale e ho fatto il mio dovere. Già, perché quando sei studente il tuo lavoro è quello: studiare. Eppure non sempre ti fa sentire bene con te stesso.

Non rimpiango di aver trovato la mia strada; rimpiango di averlo fatto troppo tardi.
Spero di resistere questo ultimo anno (più il cazzo di tirocinio non retribuito, perché in Italia si allunga tutto l'allungabile!) senza dover incrociare qualche sguardo tipo "I'm judging you".

"I'm judging me, too, amico. Molto più di quanto tu possa giudicare me."



PS: mi è stato chiesto in alcune occasioni se la storia di Med fosse autobiografica... La risposta è, purtroppo per me, no... Ma quando ho scritto TuttoTondo la prima volta e dopo aver parlato con alcune persone che avevano vissuto un momento di "smarrimento" simile, ho pensato che quel tipo di conflitto fosse plausibile e che - in qualche misura - potesse essere rappresentativo del disagio che alcuni studenti provano. No, io non ho un fratello fisico e non ho un Alex tra le mani, purtroppo. E, fortunatamente, io e Med siamo molto diverse dal punto di vista caratteriale. Però, sì, se leggendo questa cosa si è risvegliato un ricordo di TuttoTondo è perché alcune cose che ho vissuto, visto e sentito mi sono sembrate perfette per una come lei. Non sarò così cattiva da appiopparle anche altri miei "conflitti", ma questo ci stava. Alla fine, da allora, ho incontrato più venticinquenni che non sapevano che cosa volevano di quelli che avevano chiaro il futuro.