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martedì 29 aprile 2014

Il gusto dell'amatoriale

 
Premessa: c'è chi da piccolo sognava di fare l'attore, il cantante, il comico, lo scrittore, il medico.
Io sono diversa.

Io, da piccola, sognavo di fare la Camerierina.

Dico davvero. Pare fosse una passione così forte che mia madre mi dovette comprare grembiulino e spolverino.
In seguito la mia aspirazione è migrata a meastra, opzione che non ho - fortunatamente - considerato da adulta: manco completamente di pazienza e ricordo che passavo il tempo a dare note sul mio registro immaginario ai miei alunni immaginari. E a sgridarli. Non li tolleravo. Erano dei vandali.

Quando è uscito "Free Willy" al cinema, Michael Jackson e la sua "Will you be there?" mi hanno incastrata: volevo fare la biologa marina (particolare interessante, soprattutto se considerate che ho paura del mare. Molta paura...).
Devo aver passato una fase strana in cui volevo essere un veterinario e un meccanico o qualcosa del genere, ma è durata poco.

Ah, già, non scordiamo la ballerina: quella non la volevo fare davvero, perché mi pesava troppo il culo e fare attività fisica era assolutamente fuori questione, ma mi piaceva il tutù. Avevo tre anni, non giudicatemi. Quando mia madre mi ha iscritta a danza, sono tornata a casa e ho chiesto se fare movimento fosse obbligatorio. Mia madre ha sussurrato "Sei proprio mia figlia," e mi ha liberata dall'onere delle scarpette.

Dunque, che altro? Mi dicono al telefono che ho chiesto come si diventava avvocato e ho giustificato la mia aspirazione dicendo: "Nei film gli avvocati litigano sempre e hanno l'ultima parola."
Ero una bambina terribile in quel periodo.

Sto interrogando Madreh per sapere se ho avuto altre fasi bizzarre (sembra che l'idraulico mi affascinasse in qualche misura e che "lavorare in banca" fosse un'alternativa quando ho scoperto che mettere da parte la mancia del nonno portava ad una considerevole somma di denaro alla fine dell'anno. Ho cambiato idea quando, per le terza volta, mio fratello mi ha derubata del mio gruzzoletto per pagare qualche danno al nostro motorino in comune.): per ora non ci suggeriscono altro dalla regia ma, alla domanda "Ho mai voluto fare la cantante o l'artista?", la risposta è stata:

"Disegni malissimo. E la cantante non la volevi fare. Sei troppo timida: alle recite ti facevi pipì addosso ogni volta che salivi sul palco."

Affascinante.

Molto affascinante, soprattutto se pensate che ora non me la faccio sotto, ma se mi portate al Karaoke, non riesco a cantare manco da ubriaca.

Panico da palcoscenico, Speech Fright, Ansia da prestazione.

Possiamo chiamarla in tanti modi: di fatto significa solo che sotto la doccia, in macchina, in casa da sola (al massimo con le persone con cui ho grande confidenza) io canto senza freni. Se mi deve sentire qualche estraneo, il panico mi attanaglia, le corde vocali si parlaizzano e - incredibilmente - mi cambia la voce.

Io trovo la cosa esilarante.

Panico da palcoscenico.

Vi state chiedendo perché vi ho raccontato tutte queste cose inutili?
Perché io non ho mai voluto fare l'artista, ma mi è sempre piaciuto cantare: mi piace, lo faccio in continuazione e in modo molesto. E ogni tanto mi siedo al pc e canto come la gallina che sono.

Un mio ex mi obbligava a cantare con lui (stonato come una campana, tra l'altro) e mi chiedeva:

"Perché non vuoi fare la cantante? Sei intonata."... fermo restando che la vaga intonazione è l'unica cosa che ho, la mia risposta tendeva ad essere qualcosa come:

"Tu guidi bene o male?"
"Abbastanza bene..."
"E questo ti fa venire voglia di fare il pilota di Forumla 1?"
"No."
"Essere intonata a me non fa venire voglia di fare la cantante."

Ci sono persone dotate di un incredibile talento e piene di vellietà artistiche: ecco, quelle persone dovrebbero rincorrere il sogno di vivere il loro talento e, se possibile, farlo in modo professionale.

(Postilla: io sono una sostenitrice dei sogni, ma anche piuttosto concreta. Non per essere cruda, ma penso che sia obbligatorio avere sempre un piano B che permetta di pagare le bollette e riempiere lo stomaco. Quindi sono per il "Sognate e rincorrete il sogno, ma nel tempo libero.")

Ma avere inclinazioni artistiche non è per forza traducibile in un desiderio segreto di sfondare. A volte fare qualcosa in modo amatoriale dona un piacere incomparabile proprio perché non subisce le pressioni del campo professionale.

Tutto 'sto popò di roba per dire che faccio un sacco di cose come passatempo in modo mediocre e che le metto online perché, alla fine, mi piace e - nella mia mediocrità - mi sento soddisfatta, considerandole per quello che sono: io che gioco con me stessa.

Scribacchio e posto online le mie storie. Su EFP o qui.
Faccio video editing (quello lo faccio bene, permettetemelo) e carico i miei video dove posso condividerli con gli amici (non pubblicamente per motivi di privacy, visto che i miei video hanno come soggetti amici e familiari).
E canticchio. E, alcune cover le metto online. Su soundcloud. In origine non è stata una mia iniziativa e, col tempo, ho continuato a farlo perché la mia Beta mi chiedeva di farle delle cover... ma qualche giorno fa sono ricapitata sul mio canale e mi sono divertita.

Ho scordato il senso originario di questo post, ma arrivo al mio punto: le passioni e i divertimenti sono ciò che ci rende completi e che ci aiuta a non prenderci troppo sul serio.
Coltivare una passione non significa necessariamente sceglierla come professione: oggi pulisco casa abbastanza bene, ma non aspiro più a fare la camerierina... Sono troppo pigra per farlo.

Forse ho scritto questo post perché ho visto tante volte persone intuire in modo arbitrario la motivazione che spinge altri a condividere qualcosa online o dare giudizi lapidari, privando il povero malcapitato del piacere che derivava in origine da quell'esperienza: quella è una cosa che mi indispone.
Solo perché uno scrive fanfiction o canta o tiene un blog o carica video su youtube, non significa che stia cercando di sfondare o che abbia secondi fini nascosti. Internet oggi ci offre la possibilità di condividere... Condividere anche le passioni che coltiviamo a livello amatoriale. Non cerchiamo per forza il marcio dove non c'è: fare qualcosa per hobby non è necessariamente segno di nulla di più del gusto di condividere la soddisfazione percepita.

Scrivere recensioni letterarie non sempre vuol dire cercare la fama per diventare un critico. Fare podcast non si traduce nel voler lavorare, che ne so, in radio. Avere un blog non è per forza un tentativo di diventare un giornalista. A volte sì, altre è solo il piacere di parlare di qualcosa.
 La competitività è già un peso enorme nella vita reale: quella virtuale sfruttiamola per non prenderci sempre troppo sul serio.

PS: per farci due risate e rimarcare il punto del piacere nella leggerezza dell'amateur, mi umilierò pubblicamente linkandovi anche il mio profilo soundcloud. Olè! Facciamola una risata ogni tanto...

MedOrMad che "canta" Just the way you are (ce ne sono altre se vagate sul profilo, ma siccome c'è il sole, Bruno Mars vince).