Pages - Menu

lunedì 8 settembre 2014

Quale confidenza? Storia di un virtuale che si fa reale.

Ricordo di essere sempre stata tra quelli che storcevano il naso di fronte a racconti di incontri online. Mi sono sempre chiesta come si riuscisse a stabilire un rapporto attraverso le parole sul filo della rete; come sapere chi è la persona a cui racconti di te? Come è possibile pensare di conoscere qualcuno di cui non hai mai sentito la voce o che non ti ha mai parlato con gli occhi? Io sono una persona di pelle: lo sono sempre stata (sarà anche per l’abbondanza della mia carne, che forse amplifica la mia percezione fisica delle persone) e - purtroppo - parlo più col corpo di quello che si ritiene socialmente opportuno. Ovviamente sono anche vocalmente logorroica, come è noto. Da persona fisica, l’idea di essere limitata alle sole parole nella comunicazione rendeva incomprensibile il concetto stesso di “incontro online”.
Quello, più “Catfish” su Mtv, mi hanno sempre resa diffidente nei confronti di questo genere di rapporti.
C’è, in particolar modo, la questione dei tutti quei messaggi impliciti che sono trasportati dal tono della voce, dalla postura, dall’intonazione delle frasi, dall’immediatezza della risposta face-to-face che vengono meno nel virtuale e di cui io mi nutro nel rapportarmi all’altro.

La confidenza: come si crea online? Come si sa quanto in là ci si deve spingere? Come si percepiscono i limiti dell’altro che non si devono oltrepassare? Come si trova la propria dimensione di comfort e di fiducia?

Ad essere onesti io non ve lo so dire: ognuno ha il proprio confine, quello spazio in cui si trova a suo agio e in cui solo alcuni riescono ad inserirsi con successo. Forse, anche lì, è questione di pelle (virtuale), di percezione… non tutti hanno la stessa sensibilità e sanno cogliere cosa è lecito e cosa no.
Io sono una persona piuttosto esuberante e, a volte, ripenso a quanto poco mi controllo e mi dico: “Mamma mia, che figura di menta!”.

Non sempre inserisco il cervello prima di aprire bocca, purtroppo.

Eppure, a dispetto di ogni mia previsione, mi sono trovata nel vortice della comunicazione virtuale e, con poche persone, sono riuscita a trovarmi in piena sintonia. Poche, perché io diffido sempre di chi va d’accordo con tutti: come nella vita reale, è impossibile avere feeling con tutti.

A distanza di due anni dal mio ingresso nel mondo dei rapporti virtuali posso dire di aver avuto l’onore ed il piacere di scoprire persone meravigliose: donne incredibili che ho potuto incontrare dal vivo per innamorarmene ancora di più.
Quello che ti attraversa il cuore quando te ne stai seduta al tavolo di un bar con un bicchiere di vino e patatine stantie, sfogliando libri ingialliti e parlando come se avessi sempre sentito le loro voci dal vivo, non si può raccontare a parole: le senti ridere, le osservi camminare accanto a te (mentre sudi come un maiale perché c’è il sole e - loro non lo sanno - ma tu stai trasportando 10 chili di libri), riprendere conversazioni che fino a ieri erano solo scritte e non sentire la differenza, poter finalmente riuscire ad associare un viso a un sentimento.


La rete ti toglie il dramma della piacevolezza a pelle, dell’insicurezza legata alla fisicità, ma riduce tutto a qualcosa di molto più intimo: sì, perché nel virtuale quello su cui ti misuri è l’interno. Te stesso. L’essenza di quello che sei. È in quella dimensione che si creano le interazioni: sono le anime nude e crude che si confrontano. E lì, gente, sono cazzi.
Lì non puoi più nasconderti dietro al pregiudizio: se non piaci, quello che non apprezzano sei TU.

Certo, ci sono sempre i limiti del linguaggio non verbale (che io vivo come essenziale) e le difese che tutti abbiamo per proteggerci restano; la speranza è sempre quella di piacere a chi piace a noi, è ovvio… Ma quando vengono meno certe barriere, l’unica cosa che ti rimane è essere capaci di mostrarsi per quello che si è. Quello sì che fa paura.
Il virtuale, al contrario di quello che si potrebbe pensare quindi, può farti molto più male del “reale” se visto in quest’ottica. Dare fiducia, avere la fiducia di qualcuno e non oltrepassare i limiti è una questione molto più complessa e delicata.
Capire. 

Capire l’altro, quanto l’altro vuole investire in te, quanto in profondità ci si voglia conoscere, quanto qualcuno è degno di fiducia, quanto di vero si dona e si riceve… quanto stai rompendo il cazzo. Sembra una sciocchezza, ma se si investe davvero in un rapporto, sono tutti punti incredibilmente importanti.

Io sono nuova in questo universo: c’è un’etichetta nel mondo virtuale, un bon ton di educazione che va rispettato e che è complicato da conoscere. E c’è un modo consono di approcciare l’altro, di scoprirlo per farsi scoprire.
Ognuno può scegliere quanto è disposto a donare di sé e può decidere fino a dove avere paura. Ci sono persone di cui non ti interessa sapere più di tanto e ce ne sono altre con cui piano piano coltivi te stesso.
Quando arriva il giorno in cui puoi finalmente abbracciare le persone che scegli come tue, ho capito ieri, il timore di deludere va alle stelle.
Sono salita su un treno per trovare due cucciole ad aspettarmi: due dolcezze nel panico, con sorrisi luminosi e una luce fatta di tenerezza negli occhi.

Sedute in quel vagone mi hanno raccontato dei loro timori e, ascoltandole, ho compreso anche io quanto quell’incontro fosse importante: ieri avrei portato a loro me stessa. Loro mi conoscevano già: certo, non conoscevano la mia essenza nel corpo, non potevano immaginare che sparo molte più vaccate dal vivo, che sono maldestra e che non riesco a tenere a mente neanche un “big Mac menù con Coca normale”.
E allora, parlando con quelle due cucciole, ho cominciato ad agitarmi un po’ anche io con loro: le insicurezze sono strisciate a galla e la consapevolezza di soffrire di diarrea verbale è tornata da me. Ieri era un banco di prova: quel timore che ti pervade quando ti fai conoscere è vivo più che mai in momenti come questi. 


E torna la pelle. Torna il contatto. Torna tutto quello che lo schermo ti leva: è ancora una volta “una prima impressione”, ma qui non ci sono scuse, perché quelle persone ti hanno già conosciuta.
C’è chi è arrossito e mi ha sciolto il cuore e c’è chi mi ha fatto innamorare con un ciao. Chi aveva il cuore negli occhi e chi mi ha travolto con l’entusiasmo. Ho assaporato la dolcezza delle donne, la spontaneità nelle parole, la saggezza di chi conosce questo mondo da tempo. Chi ti ha fatto scoppiare di divertimento per il desiderio di voler sapere TUTTO.
Io spesso mostro l’imbarazzo con il sorriso, l'eccesso di parole/entusiasmo e la goffaggine. Poi, diciamolo, sudavo come se stessi raccogliendo cotone nei campi… e quello non è che faccia proprio una bella impressione. E vengo da Brescia, il che implica che il mio accento rechi sempre con sé la cantilena del “Potaaa”.

I banchi di prova fanno sempre paura: i rapporti sono sempre difficili da bilanciare; non è mai facile sapere se sei “troppo” o “troppo poco”.
Ma quando decidi di non avere paura e di esistere con qualcuno, il giorno in cui ti ritrovi  parlare insieme, dal vivo e con la gioia nel cuore, sai che i timori fanno parte del mettersi in gioco… E che, per una volta, avere paura ne valeva la pena.

La confidenza si crea insieme, percependo l’altro e dando di te quanto lui vuole ricevere: piano piano, mai in modo affrettato.
Nessuno potrà mai dirti se eri all’altezza delle aspettative e, onestamente, esserlo non è per forza la cosa importante... tu non puoi essere diverso da quello che sei, dando loro ciò che hai: quello che conta è tornare a casa col sorriso, ripensare per ore ai sorrisi che ti sono stati regalati, renderti conto che ti sei alzata alle 6.30 e sei arrivata a casa alle 10:30 e non eri stanca neppure un quarto di quando ti alzi alle 5.30 per andare in ospedale. Portare con te il ricordo di una giornata volata troppo in fretta, sapendo che per quelle ore non hai pensato a nulla se non a stare bene.

Loro non hanno deluso le tue aspettative: sono andate ben oltre quello che ti saresti attesa.  Hanno abbattuto ogni scetticismo e ti sei sentita a casa. Già, a casa, con persone che vedevi per la prima volta nella tua vita. Basta questo a farti capire che ti sei sempre sbagliata e che ne valeva la pena.

Noi siamo quello che abbiamo da dare: il meglio che possiamo fare è cercare di donarci completamente. A volte è sufficiente, altre no: non possiamo cambiare questa realtà o forzare la confidenza. C’è un naturale ciclo delle emozioni anche dietro ad uno schermo: se lo rispetti puoi scoprire che anche internet ha i suoi perché.