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martedì 29 dicembre 2015

Le somme dell'amicizia (web e non): il bello e il brutto che c'è

Siccome è fine anno, si tirano le somme. Di solito.
Non sono mai stata troppo brava a gestire gli ultimi giorni dell'anno: i propositi - se li faccio - sono irrealistici e i bilanci sono confusi. Perché non mi viene mai in mente molto.

Ieri sera, a una cena con le amiche storiche, si parlava proprio di questo: ricordare gli eventi importanti dei nostri anni.
Io non lo faccio. Incredibilmente, raggiunto un traguardo, vado oltre: è davvero raro che guardi indietro a quel giorno e, ho pensato, questa è una cosa davvero triste.
È triste, perché raggiungere un traguardo richiede una buona dose di energia e dovrebbe essere un orgoglio... ma - e qui sta il lato postivo - io sono parecchio sul qui e ora quando si tratta di eventi concreti. Non sono sul qui e ora su poche cose, tra cui gli affetti. La nostalgia dei rapporti è una delle poche cose a cui ripenso a fine anno: ci sono persone che ti mancano in modo indescrivibile e altre che - se hai avuto la fortuna di ritrovarle - sono il tuo bilancio di fine anno.

Nella mia storia Med ha 3 amici particolari: Bet, Jules e Leo.
Questi tre personaggi sono, come ho sempre detto, ispirati a persone esistenti.
Ispirati significa che non sono esattamente tre idioti come quelli che ho raccontato io, ma è la loro "anima", il loro valore nella vita di qualcuno e l'essere speciali per qualcuno che si riflette nei miei personaggi. E i capelli: Bet è bionda (Leti, BIONDA, non mora), Jules è mora e riccia e Leo è moro, con gli occhi azzurri e il tatto di un bue.

Perché vi parlo di loro tre a fine anno? Perché per diversi anni della mia vita due di queste tre persone non hanno più fatto parte del mio mondo e mi sono mancate più dell'aria.
Questo 2015, però, è stato diverso: sono successe tante cose nella mia vita (qualcuna buona, molte altre meno) e queste tre belve hanno ritrovato tutte il loro posto in me. O meglio, un posto nuovo. Migliore. A tappe, intendiamoci: l'anno scorso ne avevo di nuovo due, ma ne mancava una. Oggi non è più così.

Una delle tre, poiché la vita vera è cattiva, si è trasferita in una città molto lontana da me, ma non è cambiato nulla: ieri sera era comunque sul mio divano ad abbracciarmi e a bere vino con me. Perché quando un rapporto ha sfidato tutto (l'adolescenza, l'università, cose molto più brutte) qualche chilometro e il non vedersi ogni settimana non fa alcuna differenza.

Un'altra ha fatto il viaggio più bello di tutti, un viaggio di puro amore, e mi ha permesso di essere lì ogni secondo di questo viaggio: mi ha coinvolta di fronte ad una tazza di cioccolata e, settimana dopo settimana, abbiamo ritrovato ciò che eravamo dal 1996. Semplicemente, noi. Senza filtri, senza paura del giudizio, senza timore di dire "non ce la faccio. È troppo difficile."
Senza trucco e con i jeans buchi, sul divano con un pezzo di vita tra le braccia e una canzone sussurrata. Le lacrime non sono una vergogna, quando scorrono di fronte a qualcuno che non giudica la ragione per cui scendono. Perché da grandi la vita vera è diffcile, le responsabilità fanno paura, l'incertezza ancora di più. "Ho paura" trova come risposta solo un "Vengo da te". E ci vai, davvero: a qualunque ora, anche quando non sai neanche tu cosa bisogna fare. Ci vai, perché per quella persona sei disposta a imparare cose incredibili; a provare; a ascoltare ogni parola; a non aver bisogno delle parole.

Poi c'è la terza persona. La più idiota (se possibile). In questi anni c'è stata, ma non come oggi. C'era quando, quattro anni fa mi sono svegliata dall'anestesia, perché lavorava lì. Era lì con mia madre quando ho aperto gli occhi e detto qualche incomprensibile minchiata sul suo camice bianco (e sul fatto che non avevo il reggiseno).  Quella con cui, dopo tanti anni, mi sono trovata a fare ancora le 4 di mattina in macchina a parlare. Parlare sul serio: di emozioni, affetti, a dire la mia e sentire che non stavo parlando a vuoto, che qualcuno stava davvero ascoltando le mie parole, le faceva sue e stava pensando cosa fare. Perché parlare di certe cose non è facile: quando si va sul piano emotivo spuntano una serie di blocchi, l'impressione di essere in un film. È molto più semplice discutere del nulla. Con alcune persone più che con altre. Eppure, questo 2015, io ho ritrovato anche questa usanza: film che solo noi due possiamo andare al cinema a vedere ogni settimana, confronti a cuore aperto, dire "mi manca quello che eravamo" e "sono felice che ci siamo ritrovati". Dire "ti voglio bene" ad alta voce. Non aver paura di dire "Sei imbecille: metti da parte l'orgoglio. Se io non l'avessi fatto e non avessi messo da parte quel disastroso Natale, ora non saremmo qui in macchina" e sapere che non è cambiato niente e l'unica risposta che sentirai sarà "No". Perché la vita cambia, ma certe cose restano le stesse, ad esempio i "Leo".

I bilanci buoni degli affetti sono quelli che, a fine anno, ti fanno pensare che hai visto 5 matrimoni di amiche che conosci da quando avevi 5 anni, che hai visto nascere un bambino, che hai trovato l'amicizia insieme alla musica, che hai sentito molte amiche parlare di gravidanza (DIO ME NE SCAMPI, SE PENSANO DI RESTARE TUTTE INCINTE CONTEMPORANEAMENTE COME HANNO FATTO CON I MATRIMONI), che abitare a New York non ha corrotto di un grammo la bellezza di un'amicizia di quasi 25 anni, che hai ritrovato il ragazzo che ti faceva incazzare come una iena a 16 anni e che - dopo tanto - sai che è l'unico essere col cromosoma Y che hai chiamato "migliore amico". Ci metti anche le amicizie "virtuali", nel bilancio buono: perché non è facile guardarsi indietro e vedere che hai costruito davvero rapporti sinceri, profondi e reali con persone conosciute via etere. E, a quelle poche persone conosciute via WEB e che - dopo qualche anno - ancora sono con te, tu vuoi davvero bene. Con qualcuna sei persino andata in vacanza (due volte!) con la tua famiglia.
Lì pensi che, alla fine, se ci metti la dedizione e il cuore, internet è solo una forma moderna di bar e le sue pontenzialità sono splendide.

I bilanci buoni dell'amicizia sono il meglio di fine anno: ti fanno capire che alcuni rapporti sono fatti di un tipo di amore tanto perfetto che non può smettere di esistere. Si rimodella, prende una forma nuova dopo i più brutti scontri, le liti più subdole, le separazioni più lunghe e le distanze più dolorose. È lì che pensi che l'amore è proprio una roba indissolubile, quella cosa che batte anche la fisica: quando capisci che, per tornare insieme, ha abbattuto tutti gli ostacoli emotivi, del tempo e della vita.
E tu lo sai che, per quella forma di amicizia, faresti qualunque cosa. Qualunque cosa.

Ma a fine anno un pezzettino di bilancio lo dedichi anche alle "cattive amicizie". Un pensiero solo, per quelle, perché non valgono molto: a volte investiamo pezzetti di cuore in persone che non lo vogliono. O meglio, fingono di apprezzarlo, ma in noi non stanno investendo nulla di sé, solo la propria vanità. Purtroppo, la nostalgia ti fa tirare le somme anche su queste, a fine anno. Quelle che ti vedono solo quando fai loro da sostegno; quelle che non sostengono te e i tuoi piccoli tentivi; quelle che ti tengono fino a che non trovano qualcuno più bravo di te in qualcosa; che vedono solo se stesse, le proprie abilità e le proprie necessità. Quelle che hanno un giudizio per ogni cosa, che non sono trasparenti, che non vedono la tua luce, che non sentono la bellezza dell'amore che tu dai loro.
Ecco, a fine anno io a quelle persone vorrei solo dire che le vedo: le vedo da un po'. Che non rimpiango l'affetto che ho dato loro e che lo farei ancora se sapessi che quello che dono ha per loro un valore. Perché di cuore ne ho uno e, non avendo l'amore, l'ho sempre investito tanto nell'amicizia: ma è pur sempre uno solo e io penso fermamente che ogni pezzetto di esso che dono abbia un valore immenso. Se per queste persone non vale nulla, me lo riprendo volentieri e lo conservo per chi lo apprezza.
A 31 anni sono stufa di investire in persone che non investono in me; di voler il bene di persone che me ne vogliono solo quando serve a loro; di cercare di costruire rapporti da sola; di sperare di essere vista. Conservo i ricordi di quando credevo fosse qualcosa di vero, prendo coscienza di ciò che è reale e guardo avanti.

Niente propositi per il 2016: non li faccio da tempo.
Solo una speranza: che l'anno prossimo a quest'ora io possa avere ancora qualcosa di meraviglioso sull'amicizia da raccontare.

Una piccola speranza per le mie passioni: che scrivere torni ad essere qualcosa che riesco a fare (anche se in modo mediocre) e che, con quello che scrivo, io possa raccontare l'amicizia come la vedo oggi e che riesca a far ridere qualcuno proprio come rido io con alcuni di questi amici.

Sul lavoro e sull'amore non metto nulla perché sono fottutamente scaramentica e temo di portarmi sfiga da sola.

E con 'sto attacco di logorrea (i mei amici sanno apprezzare persino quella, pensate un po'!) vi saluto e, per adesso, auguro un buon martedì... E un delizioso fine anno senza petardi, che la mia Maia si caca di brutto quando sente i botti.

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